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La città porosa, tra vuoto connettivo e frammenti
di Alessandro Verona

Nell’era digitale, la società postindustriale e posturbana ha totalmente rovesciato il paradigma che Franceoise Choay aveva cercato di descrivere con la classificazione della disciplina urbanistica degli anni sessanta: per la studiosa la città era l’orizzonte della società urbana e industriale e l’ indagine sui modelli era utile per affrontare la conurbazione delle metropoli che la società produceva attraverso una sistematizzazione della disciplina. Oggi lo scenario dei flussi migratori globali e costanti determinano continui processi di inurbamento che hanno favorito la nascita e lo sviluppo continuo di nuove megalopoli, anche come conseguenza di processi di concentramento di capitali che ne hanno determinato lo sviluppo ed il successo.
Possiamo considerare questo fenomeno come il superamento del concetto di metropoli. Megalopoli come San Paolo, New York, Città del Messico, Delhi, Lagos, Tokyo rappresentano le mega conurbazioni con dimensioni che superano i 20 milioni di abitanti. In Europa le cose vanno diversamente poiché Parigi risulta con 12 milioni di abitanti la città più popolosa.
Ma nell’Europa post industriale non è neanche passato un secolo e lo scenario è radicalmente mutato con la smaterializzazione digitale che ha accelerato una tendenza da decenni già in atto relativa, ad esempio, alla dismissione di aree industriali divenute obsolete per una evoluzione della produzione industriale o per una inadeguatezza della collocazione urbana di tali aree. In un contesto di cambiamento permanente che spesso non riesce ad esprimere neanche una domanda o un programma, tutti partecipiamo al nuovo dibattito sulla rigenerazione che ha favorito la nascita di nuovi approcci metodologici.

Nuove visioni urbanistiche
Dal suo osservatorio Davide Cornago, urbanista, afferma che “la popolazione oggi occupa spazi enormemente maggiori anche solo di 50 anni or sono: non solo la dimensione degli alloggi è aumentata, la dimensione dei nuclei familiari è fortemente diminuita, il modello insediativo è straripato in un tappeto di ville con parco – casette con piccolo giardino, spesso il minimo dei 5 metri intorno. Il numero degli alloggi vuoti cresce, le case dei genitori si svuotano, gli alloggi urbani per usi temporanei aumentano. Anche gli spazi per il lavoro sono fortemente aumentati, si sono abbandonati i “vecchi” impianti e si sono realizzati i nuovi, con una dilatazione del suolo occupato da spazi – vuoti od occupati, idonei od obsoleti – in qualche modo per il lavoro ed il funzionamento urbano. In sintesi, una popolazione leggermente aumentata occupa spazi moltiplicati: abbiamo diluito la nostra vita su territori molto più vasti, ci muoviamo tra spazi molto più lontani, alla nostra vita abbiamo sottratto un tempo considerevole per muoverci, spesso con le automobili, poco auto e poco mobili. Le aree pubbliche sono fortemente aumentate, i luoghi pubblici no. Sono aumentati i parcheggi, le strade, le attrezzature; molte sono “in servizio” poco tempo (per esempio, le scuole, che riteniamo molto utilizzate, sono utilizzate poche ore al giorno la metà dei giorni di un anno). Sono proprio i luoghi depositari della vita e dell’identità collettiva, le piazze e gli spazi pedonali, a non essere aumentati, non si sono diffusi dove ora abitano/dormono i cittadini”.
Sempre Cornago individua nelle “strategie territoriali di piccola scala un approccio che tenga presente che le ipotesi di sviluppo locale in queste situazioni sono un successo quando muovono piccoli numeri su una serie di progetti, piuttosto che su un solo grande progetto o una unica grande opera, in un contesto nel quale il monitoraggio sui fenomeni è impreparato a segnalare piccole variazioni, o veloci variazioni, in quantità esigue. Questo in parte spiega il motivo per cui i racconti si siano incentrati sui processi, sui fenomeni e sui loro aspetti qualitativi: perché spesso siamo in assenza di indicatori quantitativi”.
La città è quindi ritornata al centro dell’attenzione e ciò è testimoniato dalle numerose esperienze e dalle nuove modalità di descrizione e narrazione che negli ultimi decenni si sono imposte nel panorama socioculturale.
Molte di queste esperienze, derivate anche da quella parte dell’arte contemporanea che ha maggiormente indagato i paesaggi sia urbani che naturali, dimostrano la necessità e la voglia di esplorare lo spazio urbano con occhi diversi e descriverlo con nuovi strumenti. Un approccio che utilizza categorie estetiche proprie di varie discipline secondo una visione colta che, attraverso l’esperienza, viene tradotta in modalità accessibili che contribuiscono a trasformare gli spazi in luoghi.

Città centralizzanti e macroregioni
Assistiamo oggi a due macro fenomeni paralleli che hanno una profonda relazione con il tema in discussione: da una parte, la crescita esponenziale della centralità delle città, del loro territorio e della popolazione urbana che dal 2005 – per la prima volta nella storia dell’umanità – ha superato la popolazione rurale del pianeta soprattutto in Continenti di cultura non Occidentale, Asia e specificamente Cina, India, Corea e Vietnam e anche Emirati Arabi in primis. Dall’altra parte, la nuova rilevanza delle macroregioni a scala continentale nella competizione globale.
Tuttavia, dopo la celebrazione del neourbanesimo celebrato con l’ Expo di Shangai, abbiamo visto affermarsi con Expo 2015 a Milano il neoruralismo che valorizza i territori, le campagne ed i paesaggi alla base della nuova dimensione europea costituita da città-regioni, città-territori. Il tema in Italia è il centro attorno al quale si sviluppa il lavoro della Società dei Territorialisti presieduta da Alberto Magnaghi.
Questo nuovo contesto evidenzia l’ analisi e la descrizione di quei territori dove l’urbanistica moderna ha fallito e che ha favorito il mito dell’ archeologia del moderno. “ Se le rovine classiche sono ancora corpi ancorché smembrati e dispersi quelle moderne sono nudi rottami osceni nella loro scomposta assenza di senso e nella loro irrilevante casualità (Franco Purini, Attualità di Giovanni Battista Piranesi, Casa Editrice Libera 2008). Il contesto posturbano ha generato una nuova cultura del riuso e della rigenerazione al centro di nuove progettualità urbane che si interrogano su come costruire nuove relazioni tra le parti, utilizzando il vuoto connettivo, in un ambiente caratterizzato anche dalla città in ritrazione. Tra l’ altro l’ esplosione dei flussi merci e passeggeri ha posto la necessità di un ripensamento del sistema logistico di area vasta che spesso mette in atto una riorganizzazione del sistema ferroviario. E così tra dismissioni di scali ferroviari e trasferimenti di parti di città dal Demanio Civile e Militare alle Amministrazioni Locali divenute aree di periferia interna, si presentano le nuove occasioni per immaginare la città come una spugna caratterizzata da pori in connessione tra loro. Nel ridisegnare queste parti o frammenti di città, la caratteristica principale dei progetti è data da nuovi percorsi sia interno-interno sia interno-esterno alla città posto che il limite, nella città diffusa, non esiste più visto l’esplosione della città sul territorio, situazione che ha generato una nuova forma urbana frammentata ed indefinita. La città non solo ha perso i suoi confini, ma anche gli elementi costitutivi, i quali sono sparsi nel suo territorio.

I processi di frammentazione dei centri urbani
Un possibile punto di partenza quindi è la porosità, concetto molto efficace introdotto da Walter Benjamin per Napoli e successivamente ripreso da altri: all’interno dei tessuti urbani sono presenti spazi pubblici marginali e abbandonati, veri e propri frammenti di città. Essi, in un’ottica di rigenerazione urbana, possono essere visti come nuove opportunità per la città del futuro.
Il dibattito sulla retorica (giustificata) sul consumo di suolo, le recriminazioni sulla metropolizzazione del territorio e sulla dispersione insediativa caratteristica della crescita incontrollata e senza forma della città, pone oggi l’ attenzione al tema della qualità dello spazio pubblico. E’ significativo il lavoro del DICAR /Università degli Studi di Pavia- Metodi di intervento nella città porosa a cura di De Lotto/Esopi/Morelli di Popolo che mette al centro un aspetto fondamentale che, “in questi tempi di crisi e scarsità delle risorse, può essere determinante per la rigenerazione urbana: il frammento. Nelle città e nelle cinture metropolitane esistono vaste aree di porosità, costituite da suoli inedificati ed abbandonati, i quali sarebbero stati ambiti in altri momenti del ciclo economico, ma attualmente vengono trascurati dal settore immobiliare, congelato per la crisi in corso. Mai più di oggi la città risponde alla figura del frammento, espressione dei processi disarticolati, dei modelli sociali eterogenei e delle continue trasformazioni che si susseguono con ritmi e velocità differenti. La città contemporanea non ha un’integrità, un centro e parti definite, ma è il risultato di processi disgiunti, che hanno portato alla creazione di spazi urbani spesso incoerenti tra loro. Rem Koolhaas definisce questi spazi deboli e provvisori come “vere e proprie bolle urbane, disegnate da limiti discontinui e nascosti”; mentre Manuel Gausa parla di “terreni incolti” o “terreni vacui”, ovvero residui e spazi di margine”.
Una nuova generazione di progetti pone una riflessione non concitata della metamorfosi e del cambiamento paradossalmente come simbolo di continuità e di un atteggiamento che più che imporre il nuovo disvela il già esistente con i suoi contorni sbiaditi ma con un approccio esplorativo di conquista dei luoghi con accorgimenti che rimandano alle tecniche di un ready made architettonico e paesaggistico.
La rigenerazione urbana è strettamente legata ad una rilettura di questi episodi territoriali, capace di coglierne i punti di forza, riconoscerne le vocazioni e le specificità. Le nuove progettualità dovranno offrire alla cittadinanza spazi più moderni e contemporanei, nei quali essa possa identificarsi. Sono delle opportunità da sfruttare attraverso l’avvio di progetti innovativi di trasformazione e valorizzazione.

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